Scopri l’epidemiologia del cancro del colon, i fattori di rischio, i metodi di screening, la diagnosi precoce e le opzioni terapeutiche.

CANCRO DEL COLON – EPIDEMIOLOGIA

  • Il cancro del colon è la terza neoplasia più comune negli uomini e la seconda nelle donne;
  • > 600.000 morti annuali, è la quarta causa di morte correlata al cancro;
  • I fattori di rischio sono: obesità, inattività fisica, alcol, alto intake di carni rosse, fumo di sigaretta;
  • Tuttavia l’età è considerata il fattore principale di rischio nel cancro del colon sporadico, circa il 70% dei pazienti hanno un’ età > 75 anni.
  • In alcuni casi la neoplasia si sviluppa precocemente e questo avviene in pazienti che presentano:
  • Storia clinica di adenoma, malattie infiammatorie croniche dell’intestino come Chron e rettocolite ulcerosa
  • Storia familiare positiva per neoplasie del colon
  • Sindromi ereditarie che favoriscono lo sviluppo di neoplasia del colon come Poliposi Adenomatosa Familiare, sindrome di Lynch, Sindrome di Turcot, sindrome di Peutz Jeghers e sindrome poliposica MUTYH associata.

SCREENING CANCRO DEL COLON

Il cancro del colon si sviluppa seguendo la progressione da mucosa normale ad un tumore invasivo, passando attraverso diverse fasi intermedie di lesioni premaligne e maligne invasive può richiedere anche molti mesi; questo processo graduale facilita la prevenzione del cancro e la diagnosi precoce quando il tumore è ancora in una fase iniziale e curabile, attraverso programmi di screening.

Esistono test non invasivi come la ricerca del sangue occulto fecale e test invasivi come la colonscopia.

  • il test immuno-chimico fecale (FIT / SOF) raccomandato a uomini e le donne a rischio medio a partire dall’età di 50 anni che non partecipano già ai programmi di screening colonoscopico. La frequenza ottimale del test è ogni anno e al massimo ogni tre anni. Una colonscopia deve essere effettuata il prima possibile quando i risultati del test sono positivi.
  • Una colonscopia completa è il metodo raccomandato per lo screening del CRC negli uomini e nelle donne a rischio medio. L’intervallo di età ottimale per il test è tra i 50 e i 74 anni, con un intervallo di ripetizione ottimale per un test negativo di 10 anni. La sigmoidoscopia flessibile (FS) effettuata ogni 5-10 anni può essere un’alternativa per coloro che rifiutano la colonscopia.

DIAGNOSI CANCRO DEL COLON

Le alterazioni dell’alvo, il dolore addominale generalizzato o localizzato, la perdita di peso senza altre cause specifiche, la debolezza, la carenza di ferro e l’anemia sono i sintomi più comuni. La sintomatologia dipende dalla posizione e dallo stadio del tumore primario.

In assenza di un’ostruzione intestinale o di un’emorragia massiva, che possono costituire indicazioni per una resezione urgente, si raccomanda una colonscopia completa per la conferma diagnostica del cancro del colon. Nei casi in cui l’esplorazione completa del colon non possa essere effettuata prima dell’intervento chirurgico, una colonscopia completa dovrebbe essere eseguita comunque prima possibile .

Dopo la diagnosi di tumore del colon, devono essere effettuati esami e test di laboratorio per fornire una corretta valutazione dello stato e delle caratteristiche del paziente prima di decidere l’approccio terapeutico definitivo.

Inoltre, i livelli sierici dell’antigene carcinoembrionario (CEA), sebbene non siano sufficienti da soli per la diagnosi del cancro del colon in assenza di una biopsia tumorale confermativa (a causa di bassa specificità e sensibilità), dovrebbero essere valutati prima dell’intervento chirurgico e monitorati durante il periodo di follow-up per aiutare la precoce individuazione della malattia metastatica.

È necessaria una valutazione preoperatoria dell’estensione del tumore per determinare se il paziente dovrebbe essere indirizzato verso la resezione del tumore primario o, in presenza di metastasi a distanza irrecuperabili, verso la terapia sistemica.

Circa il 20% dei tumori del colon di nuova diagnosi ha metastasi sincrone, l’organo più frequentemente coinvolto è il fegato (17%), seguito dal peritoneo (5%), polmone (5%) e linfonodi (3%).

 

Per valutare l’estensione della neoplasia si eseguono degli esami diagnostici come:

  • La TC delle cavità toracica, addominale e pelvica con somministrazione endovenosa (i.v.) di mezzo di contrasto è il metodo radiologico preferito per la valutazione della presenza di metastasi a distanza del cancro del colon.
  • La risonanza magnetica con contrasto (MRI) permette una migliore definizione dei tessuti molli. Costituisce il test di riferimento quando è necessario valutare il rapporto di tumori localmente avanzati con le strutture circostanti o per definire lesioni epatiche ambigue precedentemente rilevate dalla TC.
  • Una scansione FDG-PET può essere utile, in particolare nei pazienti con marcatori tumorali elevati senza evidenza di malattia metastatica, o per definire l’estensione della malattia metastatica in metastasi potenzialmente resecabili.

STADIAZIONE

Il sistema TNM è il più utilizzato per la stadiazione del tumore del colon-retto, ovvero l’assegnazione di uno stadio e di una prognosi. In questo sistema la lettera T indica la dimensione del tumore, la N il coinvolgimento dei linfonodi e la M la presenza di metastasi. In base poi allo stadio di malattia sono stabilite le migliori opportunità di cura.

Stadio Tumore (penetrazione massima) Metastasi regionali ai linfonodi Metastasi a distanza
0 Tis N0 M0
I T1 o T2 N0 M0
II T3-T4 N0 M0
III Qualsiasi stadio T N1-N2 M0
IV Qualsiasi stadio T Qualsiasi stadio N M1

Tis = carcinoma in situ; T1 = sottomucosa; T2 = muscolare propria; T3 = penetra tutti gli strati (per il cancro del retto, comprende il tessuto perirettale); T4 = organi adiacenti o peritoneo.

N0 = nessuna; N1 = 1-3 linfonodi regionali o qualsiasi numero di depositi tumorali senza coinvolgimento linfonodale; N2 = ≥ 4 linfonodi regionali.

M0 = nessuna; M1 = presenti.

TRATTAMENTO DEL TUMORE DEL COLON LOCALIZZATO

1) La resezione endoscopica completa en bloc di un polipo dovrebbe essere eseguita ogni volta che la struttura morfologica del polipo lo permette.
Per i carcinomi invasivi (pT1), la gestione è determinata dalla morfologia del polipo e dalla presenza di caratteristiche istologiche associate a un esito sfavorevole:

  • invasione linfatica o venosa;
  • differenziazione di grado 3;
  • budding tumorale significativo (grado >1)

La presenza di qualsiasi fattore sfavorevole in un polipo sessile o piatto (classificazione di Parigi) con un carcinoma pT1 richiede la resezione chirurgica nei pazienti con rischio operatorio medio.
Il ritrovamento di margini di resezione positivi (<1 mm) costituisce solo un rischio per la ricorrenza locale e può essere gestito mediante ripetizione dell’escissione o sorveglianza locale.
Quando la chirurgia non è possibile a causa di comorbilità significative, si raccomanda una colonscopia di sorveglianza entro 6 mesi dopo la rimozione del polipo, così come un attento follow-up oncologico che include una TC per rilevare le ricorrenze linfonodali.

2) I tumori infiltranti del colon non possono essere resecati tramite colonscopia e richiedono un intervento chirurgico, con l’obiettivo di una ampia resezione del segmento intestinale coinvolto e del suo drenaggio linfatico. L’estensione della resezione colica è determinata dall’apporto sanguigno e dalla distribuzione dei linfonodi regionali. La resezione dovrebbe includere un segmento di colon di almeno 5 cm su entrambi i lati del tumore, ma spesso si includono margini più ampi a causa della necessaria legatura dell’apporto sanguigno arterioso. Dovrebbero essere resecati almeno 12 linfonodi quando possibile.

Gli interventi standard sono:

  • per i tumori del colon destro viene eseguita una emicolectomia destra videolaparoscopica VLS : per tumori localizzati fino a livello della flessura destra si procede con la resezione dell’ultima ansa ileale e metà del colon, si interrompe l’arteria ileo-colica e la arteria colica destra (talvolta anche la colica media). La parte di colon che rimane risulta comunque ben vascolarizzato da parte delle arcate vascolari arteriose. Si anastomizza in seguito l’ileo terminale con il colon trasverso. Sempre di più, ad oggi, questa metodica viene svolta in maniera mini-invasiva.
  • Per tumori localizzati a livello del colon trasverso (piuttosto rari) si esegue una resezione segmentaria solo del colon trasverso videolaparoscopica (VLS)
  • Per tumori localizzati a livello del colon di sinistra, dunque colon discendente e del tratto sigma-retto (situazione più frequente) si esegue una emicolectomia sinistra sempre videolaparoscopica : vengono interrotte l’arteria mesenterica inferiore e l’arcata di Riolano e si reseca la flessura splenica sinistra fino alla porzione superiore del retto.

3) I CRC ostruttivi possono essere trattati in uno o due tempi. Le procedure in due tempi possono includere una colostomia seguita da resezione colica o, nel caso di perforazione intestinale, la procedura di Hartmann seguita dalla chiusura della colostomia e anastomosi.

Chi deve eseguire chemioterapia adiuvante?

La stadiazione TNM rimane il criterio istologico più rilevante per la valutazione del rischio dopo l’intervento chirurgico per il cancro del colon. I tassi di sopravvivenza a 5 anni riportati dopo la sola resezione chirurgica sono del 99% per lo stadio I, tra il 68% e l’83% per lo stadio II e tra il 45% e il 65% per la malattia in stadio III.

Devono eseguire chemioterapia neoadiuvante pazienti in stadio II con caratteristiche di rischio e pazienti in stadio III.

Lo stadio II denota pazienti che presentano un tumore SENZA positività linfonodale (negatività del parametro N) più o meno esteso; a seconda dell’estensione del tumore (T2, T3 o T4), sulla base della stabilità/instabilità dei microsatelliti, è possibile decidere se fare o meno la terapia adiuvante.

Lo stato MSI/MMR è il marcatore molecolare prognostico più validato utilizzato nella decisione della terapia adiuvante accanto ai fattori prognostici clinici. In particolare, MSI/MMR può essere utile per identificare una piccola (10% – 15%) sottopopolazione di pazienti in stadio II che sono a molto basso rischio di ricorrenza e per i quali non sono stati dimostrati i benefici dei fluoropirimidini. Di conseguenza, la chemioterapia adiuvante non dovrebbe essere indicata.

Lo standard attuale per la terapia adiuvante nel cancro del colon in stadio III è una combinazione di fluoropirimidina e oxaliplatino. Il beneficio di queste combinazioni rispetto alla monoterapia con fluoropirimidina, lo standard di cura precedente, è stato dimostrato in tre studi di riferimento: MOSAIC, NSABP C-07 e XELOXA.

È importante iniziare la chemioterapia adiuvante il prima possibile dopo l’intervento chirurgico e idealmente non più tardi di 8 settimane.

STADIAZIONE

L’80% delle recidive si verifica durante i primi 3 anni e un ulteriore 15% tra il 3° e il 5° anno, il che sostiene un follow-up più intensivo durante i primi 3 anni e una sospensione dopo 5 anni.

Si consiglia di effettuare anamnesi, esame obiettivo e determinazione del livello di CEA ogni 3-6 mesi per 3 anni e ogni 6-12 mesi negli anni 4 e 5 dopo l’intervento chirurgico.

La TC del torace e dell’addome ogni 6-12 mesi per i primi 3 anni può essere presa in considerazione nei pazienti che sono a più alto rischio di ricorrenza secondo la classificazione TNM.

Oltre ai test del CEA e alle TC, le colonoscopie dovrebbero essere incluse nel follow-up poiché un cancro primario metacrono può essere rilevato con un’incidenza dello 0,7% nei primi 2 anni dopo l’intervento chirurgico curativo. Tuttavia, non c’è indicazione per un follow-up endoscopico intensivo. Se dopo 1 anno dalla resezione viene osservato un colon senza tumore o adenoma, la colonscopia dovrebbe essere effettuata dopo 3-5 anni.

CANCRO DEL COLON METASTATICO

Circa il 20% dei tumori del colon di nuova diagnosi ha metastasi sincrone, l’organo più frequentemente coinvolto è il fegato (17%), seguito dal peritoneo (5%), polmone (5%) e linfonodi (3%).

A differenza di molti altri tumori per i quali, in forma metastatica, non ci sono molte opportunità terapeutiche (si pensi al tumore del pancreas), le metastasi da tumore del colon a livello epatico sono una patologia chirurgica oltre che oncologica, cioè è giustificato sempre un approccio chirurgico molto aggressivo. Questo perché la chirurgia, se si riesce ad operare il paziente, dà un grande vantaggio di sopravvivenza o addirittura può essere curativa, anche se il tumore è in forma metastatica.

Nei pazienti con criteri oncologici “favorevoli” (ad esempio, lesioni metacrone, poche metastasi, malattia unilobare, assenza di malattia extraepatica), dovrebbe essere eseguita una resezione immediata.

Nei pazienti con criteri oncologici “sfavorevoli” (lesioni sincrone, più di tre metastasi, malattia bilobare, limitata malattia extraepatica) e criteri chirurgici “favorevoli” (ad esempio, assenza di infiltrazione vascolare), dovrebbe essere proposta la chemioterapia perioperatoria, preferibilmente con qualsiasi fluoropirimidina e oxaliplatino.

GESTIONE DELLE MALATTIA AVANZATA

La definizione di malattia oligometastatica (OMD) è importante poiché le strategie terapeutiche dovrebbero basarsi sulla possibilità di eradicare tutte le metastasi e/o raggiungere uno stato di “nessuna evidenza di malattia” (NED), sia inizialmente sia dopo la terapia sistemica.

Generalmente, una definizione clinica tradizionale di OMD è:

  • Uno a cinque lesioni metastatiche, occasionalmente di più se è possibile l’eradicazione completa
  • Fino a due siti metastatici
  • Tumore primario controllato
  • Tutti i siti metastatici devono essere trattabili in modo sicuro con LT (Local Treatment)

La gestione dell’OMD inizierà, generalmente, nella maggior parte dei casi con un trattamento di chemioterapia di induzione, con una risposta (o almeno una stabilizzazione della malattia) che è un forte predittore di un prognosi favorevole, giustificando il controllo locale potenziato da LT.

Tuttavia, in situazioni prognostiche favorevoli con una diffusione metastatica limitata, la LT immediata (senza terapia sistemica precedente) è lo standard di cura.

Un’eradicazione completa del tumore può essere ottenuta utilizzando la resezione chirurgica R0 e/o l’ablazione A0.

Per i pazienti con OMD confinata in un singolo organo (più frequentemente fegato o polmone), o alcuni organi o siti (metastasi prevalentemente viscerali, ad esempio fegato e polmone), esiste un approccio potenzialmente curativo. In questo contesto, la sopravvivenza a lungo termine o addirittura la cura possono essere raggiunte nel 20%-45% dei pazienti che subiscono una resezione R0 completa o un’ablazione A0 completa delle loro metastasi.

Per i pazienti con malattia più estesa, il valore di una LT può contribuire alla sopravvivenza a lungo termine o a un prolungamento della PFS, ma è raramente curativo. Qui, la LT fa parte di un approccio terapeutico multimodale per fornire siti di metastasi ben controllati con la possibilità di interrompere la terapia sistemica, con l’obiettivo di controllare la malattia a lungo termine e potenzialmente migliorare l’OS.

Trattamenti locali per le lesioni metastatiche includono:

  • Trattamento di ablazione locale: chirurgia, ablazione con radiofrequenza, SBRT (radioterapia stereotassica corporea)
  • Terapie intrarteriali: TARE (embolizzazione arteriosa radiomarcata), HAIC (chemioterapia intraarteriosa epatica), TACE (embolizzazione arteriosa transcatetere)

GESTIONE DELLA MALATTIA AVANZATA SENZA POTENZIALE CONVERSIONE

I pazienti fragili non tollereranno terapie combinate con potenziali effetti collaterali. In questi pazienti, l’obiettivo principale del trattamento è mantenere la qualità della vita (QoL) e migliorare i sintomi. Questi pazienti potrebbero invece ricevere terapie a minore tossicità, come la monoterapia con fluoropirimidina o combinata con bevacizumab, o anticorpi anti-EGFR in tumori a sinistra con RAS-wt.

STRATEGIE DI CHEMIOTERAPIA DEL TUMORE DEL COLON

  • Agenti citotossici. Il 5-FU è il pilastro del trattamento del cancro del colon retto metastatico. La maggior parte degli studi clinici di prima e seconda linea ha esplorato diverse combinazioni basate su fluoropirimidine, sia 5-FU i.v. sia capecitabina orale; queste sono considerate equivalenti. L’aggiunta di oxaliplatino e/o irinotecano a una fluoropirimidina migliora il tasso di risposta e la sopravvivenza.
  • Agenti biologici mirati. Diversi agenti mirati contro l’EGFR (cetuximab e panitumumab) o contro la via del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) (bevacizumab e ramucirumab, o la proteina aflibercept) hanno dimostrato risultati migliorati quando combinati con la ChT, o come monoterapia nel caso di anticorpi anti-EGFR.
  • La strategia di combinare i tre agenti chemioterapici attivi 5-FU, oxaliplatino e irinotecano (FOLFOXIRI) è stata esplorata nel mCRC, con lo scopo principale di migliorare la riduzione del tumore (dimostrata dalla RR), permettendo così una resezione completa delle metastasi, ma aumentando le potenziali tossicità.
  • Nella maggior parte dei pazienti, il trattamento di prima linea consisterà in una doppia terapia con chemioterapia (FOLFOX, FOLFIRI, CAPOX) che può essere combinata con un anticorpo monoclonale anti-VEGF o anti-EGFR.
  • L’attività dell’immunoterapia con blocco del recettore 1 della proteina di morte cellulare programmata (PD-1) è stata dimostrata nei pazienti mCRC con stato dMMR/MSI-H. Gli studi di fase II di nivolumab e pembrolizumab, inibitori del PD-1, nei pazienti mCRC con stato dMMR/MSI-H hanno dimostrato un beneficio in questo piccolo sottogruppo di pazienti.

Il beneficio nell’effettuare un trattamento di seconda linea in pazienti in buone condizioni generali e senza comorbilità significative è stato dimostrato in molti studi.

Il trattamento dipende principalmente dal trattamento di prima linea ricevuto.

La reintroduzione della terapia di induzione iniziale può essere considerata dopo la terapia di seconda linea, nei pazienti che non hanno avuto progressione durante il corso della chemioterapia di prima linea.